Shujinkou team story
Dublino, capitale d’Irlanda.
Una città in cui vecchio e nuovo si fondono, e che ha visto negli ultimi anni un’impennata senza precedenti in Europa della sua economia.
Questa terra, che diecimila anni fa era avvolta in ghiacciai, grazie all’influenza del mare gode di inverni non così rigidi…o almeno così dovrebbe essere.
“…Shen, quanto sei bugiardo!”
“Ehi, io ho solo detto che “non fa così freddo”, Ash!”
Ash, come per dire “tutte scuse!”, procedette a piccoli passi stringendosi nel suo giubbotto.
Tra il serio e il faceto, questa città si trova alla stessa latitudine di Mosca e dell’Hokkaido. Quando il freddo arriva, qui si gela sul serio.
I due si distaccarono da Grafton street e entrarono in un vicolo.
I pub non si contano a Dublino. Anche in quella stretta viuzza se ne potevano ammirare parecchi, tutti con la propria piccola insegna. Ne scelsero uno ed aprirono la porta.
Tra banco e tavolo c’erano una decina di posti. Non era ancora un orario tale da potersi definire “sera”, ciononostante il locale era già occupato da alcuni clienti.
Come ogni pub irlandese che si rispetti, la gente all’interno dava l’impressione di essere vicini di casa.
In uno dei tavoli, un signore distinto sulla soglia della vecchiaia era occupato con un mazzo di carte da gioco.
“Ehi Ash, sarà lui?”
“Può darsi.”
“Ehi, laggiù…ehm…”Il trifoglio irlandese è fiorito”?
L’uomo, che si stava intrattenendo con un solitario, fermò le mani e volse lo sguardo verso Shen.
“…sembra che abbiate un appuntamento con qualcuno”.
Il vecchio aveva un’espressione dubbiosa.
“Tzk, sbagliato! Scusa l’interruzione, nonno”.
Ash si era già accomodato al banco.
“Vediamo…mi andrebbe una stout (birra scura), ma riscalda?”
Il gestore, che in quel momento era impegnato a preparare il puré di patate, accolse Ash con un sorriso ospitale.
“Con questa temperatura così bassa, l’Irish coffee è la scelta migliore. I signori sono viaggiatori? Benvenuti a Dublino!”
“Ecco, danne uno anche a me.”
L’Irish coffee è un hot cocktail a base di Whisky irlandese con aggiunta di zucchero, crema e caffé. Il suo profumo, servito da una mano esperta, avvolse l’intero pub.
“Visto che sembrate avere del tempo libero, che ne direste di una partita?”
Il vecchio gentleman di poco fa tagliò il mazzo e invitò i due.
A guardarlo bene, era un uomo di statura piuttosto alta. Mani e piedi erano sottili, ma non dava affatto l’idea del vecchietto gracile. I suoi movimenti davano una sensazione di lentezza dovuta a un agire ragionato, ma le sue maniere non erano certo sgradevoli.
“Hehehe, perché no! Facciamo una sfida!”
“Cavoli...quando Shen sente aria di sfida non ragiona più!”
“Ti va bene il poker? No aspetta, visto dove ci troviamo è più adatto il bridge, giusto?”
“Quello è un gioco inglese. Il poker andrà benissimo. Allora…”
Le carte davanti ai due vennero distribuite una dopo l’altra, con una precisione tale da sembrare essere tirate con la squadra.
“Ad ogni carta distribuita è possibile puntare, ma all’inizio si va leggeri…Open the game.”
“……”
L’espressione sul volto di Shen cambiò in un sorriso violento, quasi volesse dire “ma certo, come vuoi tu!”.
Anche Ash rideva distrattamente, ma era il suo atteggiamento usuale. Un duo che stonava anche troppo se confrontato con il vecchio, il quale esibiva il più classico dei poker-face.
“Ovviamente punto!”
“…..vedo”.
“Ma che…non puoi farlo così all’improvviso!”
Le carte lanciate vennero scoperte. King, 5, King, 5, 5.
“Desolato, signori. Passiamo alla prossima.”
Il vecchio raccolse le carte senza lasciar trapelare il minimo rumore.
“Ehm…Shen!”
“Che c’è?!”
“Tu sai cos’è il poker-face?”
“Ma non dire stronzate! Certo che lo so!”
“Mah, va bene, però…”
Il gentleman, dopo aver mostrato un’abilità degna di un prestigiatore nel mescolare le carte, chiese ad Ash di tagliare il mazzo.
“Sei davvero incredibile con quelle carte! Dovresti farti pagare per questo!”
“Grazie del complimento. Ne sono lieto”.
Le carte vennero nuovamente distribuite.
“A proposito…”Il trifoglio irlandese è fiorito”?
“Ehi Ash, guarda che gliel’abbiamo già chiesto!”
“”Se aspettate fino a primavera, fiorirà.”
“Ma che…TESTA DI CAZZO! Perché prima non…?”
“Open the game.”
Shen, che ancora non riusciva a mandar giù l’esser stato preso in giro, controllò di malavoglia le sue carte.
“Tzk!”
“She-en, che ti avevo detto?”
“Poker-face? Ho capito, ho capito! Ma stavo pensando a poco fa!”
“Ci penserai dopo. Adesso quello che conta è la sfida! Ah, io punto.”
“Puah, non è divertente! Io vedo”.
“…..alzo la posta”.
Il vecchio stava chiedendo di scommettere una cifra più alta. Ma non c’era traccia di banconote né di fiche sul tavolo. Le lenti colorate riflettevano la luce all’interno del locale, cosicché non era possibile indovinare il movimento delle pupille. Possibile che avesse scelto di proposito quel determinato angolo del pub?
“O-oh! Allora anch’io alzo la – pos - ta!
“Aumento ancora.”
“I round per scommettere sono 2? Allora anch’io aumento di - nuo - vo!”
I due continuavano ad alzare la posta a vicenda, ma non c’era traccia di banconote né di fiche sul tavolo.
Giunti a questo punto, il vecchio gentleman si voltò verso il bicchierino di whisky posato all’estremità del tavolo.
“Ash, mi vuoi dire che cazzo state scommettendo?!”
“Non te l’avevo detto? Stiamo scommettendo la sua partecipazione al KOF come membro del nostro team!”
“No, non me l’avevi detto! E se perdi che succede?”
“Gli darò la ricompensa pattuita, qui e subito. Anche se vincessi lo pagherei comunque, ma in quel caso otterrei il suo aiuto al torneo”.
“In pratica, o vinci o perdi ci andiamo fottuti comunque!”
“E’ il prezzo da pagare per far tornare al lavoro un praticante di Karnöffel che si è ritirato da tempo”.
Karnöffel? La richiesta di spiegazioni di Shen ad un termine mai sentito prima venne puntualmente interrotta dal proseguire del gioco.
“I giochi sono fatti…Show down.”
Shen si protese verso le carte di Ash.
Jack, Regina, 7, 7, 7. Tris.
“…….sembra proprio che io abbia perso.”
Senza scoprire le proprie carte, per la prima volta il vecchio gentiluomo cambiò l’espressione del viso, e bevve il suo whisky.
“Il mio nome è Oswald. Accetto il lavoro”.
Ash, assieme ad un sempre più contrariato Shen, strinse la mano protesa di Oswald, ricambiandone la stretta e sancendo in modo definitivo l’accordo.
“Dunque, per i dettagli…suggerirei di cambiare posto”.
I tre lasciarono il tavolo alle cure del gestore, sopraggiunto per rimettere in ordine.
Ash posò svariate banconote sul tavolo.
“Master, la ringrazio! Era davvero delizioso! Merci--!”
Le carte rimasero coperte sul tavolo.
Oswald, presso l’uscita del locale, indossò il suo soprabito.
Quando i tre lasciarono il locale, l’aria si fece più leggera, e tutto tornò alla normalità.
Le carte di Oswald vennero finalmente scoperte: picche, fiori, cuori. Tris d’assi.
Il gestore, chinando la testa, fece per voltarsi: la sagoma di Oswald era là.
“Perdonatemi, avevo dimenticato il cappello”.
Oswald, portato il soprabito, prese il cappello e lo indossò. Si alzò gli occhiali con il dito medio. Le lenti guardavano fisso in direzione del gestore, la schiena madida di sudore.
Dublino, capitale d’Irlanda.
Una città in cui vecchio e nuovo si fondono, e che ha visto negli ultimi anni un’impennata senza precedenti in Europa della sua economia.
Questa terra, che diecimila anni fa era avvolta in ghiacciai, grazie all’influenza del mare gode di inverni non così rigidi…o almeno così dovrebbe essere.
“…Shen, quanto sei bugiardo!”
“Ehi, io ho solo detto che “non fa così freddo”, Ash!”
Ash, come per dire “tutte scuse!”, procedette a piccoli passi stringendosi nel suo giubbotto.
Tra il serio e il faceto, questa città si trova alla stessa latitudine di Mosca e dell’Hokkaido. Quando il freddo arriva, qui si gela sul serio.
I due si distaccarono da Grafton street e entrarono in un vicolo.
I pub non si contano a Dublino. Anche in quella stretta viuzza se ne potevano ammirare parecchi, tutti con la propria piccola insegna. Ne scelsero uno ed aprirono la porta.
Tra banco e tavolo c’erano una decina di posti. Non era ancora un orario tale da potersi definire “sera”, ciononostante il locale era già occupato da alcuni clienti.
Come ogni pub irlandese che si rispetti, la gente all’interno dava l’impressione di essere vicini di casa.
In uno dei tavoli, un signore distinto sulla soglia della vecchiaia era occupato con un mazzo di carte da gioco.
“Ehi Ash, sarà lui?”
“Può darsi.”
“Ehi, laggiù…ehm…”Il trifoglio irlandese è fiorito”?
L’uomo, che si stava intrattenendo con un solitario, fermò le mani e volse lo sguardo verso Shen.
“…sembra che abbiate un appuntamento con qualcuno”.
Il vecchio aveva un’espressione dubbiosa.
“Tzk, sbagliato! Scusa l’interruzione, nonno”.
Ash si era già accomodato al banco.
“Vediamo…mi andrebbe una stout (birra scura), ma riscalda?”
Il gestore, che in quel momento era impegnato a preparare il puré di patate, accolse Ash con un sorriso ospitale.
“Con questa temperatura così bassa, l’Irish coffee è la scelta migliore. I signori sono viaggiatori? Benvenuti a Dublino!”
“Ecco, danne uno anche a me.”
L’Irish coffee è un hot cocktail a base di Whisky irlandese con aggiunta di zucchero, crema e caffé. Il suo profumo, servito da una mano esperta, avvolse l’intero pub.
“Visto che sembrate avere del tempo libero, che ne direste di una partita?”
Il vecchio gentleman di poco fa tagliò il mazzo e invitò i due.
A guardarlo bene, era un uomo di statura piuttosto alta. Mani e piedi erano sottili, ma non dava affatto l’idea del vecchietto gracile. I suoi movimenti davano una sensazione di lentezza dovuta a un agire ragionato, ma le sue maniere non erano certo sgradevoli.
“Hehehe, perché no! Facciamo una sfida!”
“Cavoli...quando Shen sente aria di sfida non ragiona più!”
“Ti va bene il poker? No aspetta, visto dove ci troviamo è più adatto il bridge, giusto?”
“Quello è un gioco inglese. Il poker andrà benissimo. Allora…”
Le carte davanti ai due vennero distribuite una dopo l’altra, con una precisione tale da sembrare essere tirate con la squadra.
“Ad ogni carta distribuita è possibile puntare, ma all’inizio si va leggeri…Open the game.”
“……”
L’espressione sul volto di Shen cambiò in un sorriso violento, quasi volesse dire “ma certo, come vuoi tu!”.
Anche Ash rideva distrattamente, ma era il suo atteggiamento usuale. Un duo che stonava anche troppo se confrontato con il vecchio, il quale esibiva il più classico dei poker-face.
“Ovviamente punto!”
“…..vedo”.
“Ma che…non puoi farlo così all’improvviso!”
Le carte lanciate vennero scoperte. King, 5, King, 5, 5.
“Desolato, signori. Passiamo alla prossima.”
Il vecchio raccolse le carte senza lasciar trapelare il minimo rumore.
“Ehm…Shen!”
“Che c’è?!”
“Tu sai cos’è il poker-face?”
“Ma non dire stronzate! Certo che lo so!”
“Mah, va bene, però…”
Il gentleman, dopo aver mostrato un’abilità degna di un prestigiatore nel mescolare le carte, chiese ad Ash di tagliare il mazzo.
“Sei davvero incredibile con quelle carte! Dovresti farti pagare per questo!”
“Grazie del complimento. Ne sono lieto”.
Le carte vennero nuovamente distribuite.
“A proposito…”Il trifoglio irlandese è fiorito”?
“Ehi Ash, guarda che gliel’abbiamo già chiesto!”
“”Se aspettate fino a primavera, fiorirà.”
“Ma che…TESTA DI CAZZO! Perché prima non…?”
“Open the game.”
Shen, che ancora non riusciva a mandar giù l’esser stato preso in giro, controllò di malavoglia le sue carte.
“Tzk!”
“She-en, che ti avevo detto?”
“Poker-face? Ho capito, ho capito! Ma stavo pensando a poco fa!”
“Ci penserai dopo. Adesso quello che conta è la sfida! Ah, io punto.”
“Puah, non è divertente! Io vedo”.
“…..alzo la posta”.
Il vecchio stava chiedendo di scommettere una cifra più alta. Ma non c’era traccia di banconote né di fiche sul tavolo. Le lenti colorate riflettevano la luce all’interno del locale, cosicché non era possibile indovinare il movimento delle pupille. Possibile che avesse scelto di proposito quel determinato angolo del pub?
“O-oh! Allora anch’io alzo la – pos - ta!
“Aumento ancora.”
“I round per scommettere sono 2? Allora anch’io aumento di - nuo - vo!”
I due continuavano ad alzare la posta a vicenda, ma non c’era traccia di banconote né di fiche sul tavolo.
Giunti a questo punto, il vecchio gentleman si voltò verso il bicchierino di whisky posato all’estremità del tavolo.
“Ash, mi vuoi dire che cazzo state scommettendo?!”
“Non te l’avevo detto? Stiamo scommettendo la sua partecipazione al KOF come membro del nostro team!”
“No, non me l’avevi detto! E se perdi che succede?”
“Gli darò la ricompensa pattuita, qui e subito. Anche se vincessi lo pagherei comunque, ma in quel caso otterrei il suo aiuto al torneo”.
“In pratica, o vinci o perdi ci andiamo fottuti comunque!”
“E’ il prezzo da pagare per far tornare al lavoro un praticante di Karnöffel che si è ritirato da tempo”.
Karnöffel? La richiesta di spiegazioni di Shen ad un termine mai sentito prima venne puntualmente interrotta dal proseguire del gioco.
“I giochi sono fatti…Show down.”
Shen si protese verso le carte di Ash.
Jack, Regina, 7, 7, 7. Tris.
“…….sembra proprio che io abbia perso.”
Senza scoprire le proprie carte, per la prima volta il vecchio gentiluomo cambiò l’espressione del viso, e bevve il suo whisky.
“Il mio nome è Oswald. Accetto il lavoro”.
Ash, assieme ad un sempre più contrariato Shen, strinse la mano protesa di Oswald, ricambiandone la stretta e sancendo in modo definitivo l’accordo.
“Dunque, per i dettagli…suggerirei di cambiare posto”.
I tre lasciarono il tavolo alle cure del gestore, sopraggiunto per rimettere in ordine.
Ash posò svariate banconote sul tavolo.
“Master, la ringrazio! Era davvero delizioso! Merci--!”
Le carte rimasero coperte sul tavolo.
Oswald, presso l’uscita del locale, indossò il suo soprabito.
Quando i tre lasciarono il locale, l’aria si fece più leggera, e tutto tornò alla normalità.
Le carte di Oswald vennero finalmente scoperte: picche, fiori, cuori. Tris d’assi.
Il gestore, chinando la testa, fece per voltarsi: la sagoma di Oswald era là.
“Perdonatemi, avevo dimenticato il cappello”.
Oswald, portato il soprabito, prese il cappello e lo indossò. Si alzò gli occhiali con il dito medio. Le lenti guardavano fisso in direzione del gestore, la schiena madida di sudore.